Geologia
II
INTRODUZIONE
I sedimenti coprono l’80% della superficie terrestre. Si trovano
per il 72% nei mari e per il 28% sulle terre emerse. La formazione di
una roccia sedimentaria avviene attraverso un processo continuo che
si divide in 4 fasi fondamentali: provenienza, trasporto, deposizione
e diagenesi. Le tre proprietà base delle rocce sedimentarie sono:
composizione, tessitura e struttura. C’è la classificazione
composizionale, con cui distinguiamo componenti terrigeni, allochimici
e ortochimici, e la classificazione sedimentologica: particellari da
processi idrodinamici, cristalline da processi chimici, biocostruite
da secrezione biochimica e residuali da degradazione chimico –
fisica.
Abbiamo la diagenesi, il cui risultato più importante è
la litificazione a cui porta un processo fondamentale detto cementazione.
90% dei sedimenti appartiene al gruppo con tessitura particellare. Le
componenti tessiturali sono impalcatura, matrice e cemento.
COMPOSIZIONE E TESSITURA DELLE ROCCE TERRIGENE
SILICOCLASTICHE
I principali fattori che interessano l’area di provenienza sono
la litologia delle rocce esposte, il tipo di rilievo e il clima (cui
si può aggiungere il tempo). Riguardo la composizione mineralogica,
la stabilità dei minerali è all’incirca l’inverso
della serie di Bowen. L’abbondanza di un minerale terrigeno in
una roccia sedim. È dovuta a tre fattori: disponibilità,
resistenza meccanica e resistenza chimica.
Vi è la scala granulometria di Krumbein (j = -log2diametro in
mm). I parametri granulometrici sono la moda (diametro particellare
più frequente), la mediana (diametro corrispondente al 50% della
curva cumulativa), il diametro medio, il selezionamento (sorting) e
l’asimmetria (skewness). Correnti costanti selezionano meglio
di quelle che variano rapidamente di intensità. Ad una grande
abbondanza di sedimenti corrisponde un minore selezionamento e viceversa.
La morfometria indica gli aspetti geometrici della forma degli dei clasti.
Si applica soprattutto ai ciottoli, che possono essere schiacciati,
equidimensionali, a lama e a bastone. Esistono vari parametri, come
l’indice di appiattimento, di sfericità (equidimensionalità
di un clasto) e di arrotondamento (indipendente dalla sfericità).
La morfoscopia indica gli aspetti superficiali dei granuli che possono
avere smerigliatura (frosting), superfici lucenti (polished) o superfici
opache (dull). Il fabric invece è l’orientazione e disposizione
spaziale degli elementi che compongono una roccia. Il lato lungo dei
clasti si dispone parallelo alla direzione della corrente. Si hanno
orientazioni più pronunciate con campi di forza deboli e prolungati.
L’embriciatura è la disposizione dei ciottoli discoidali
con il piano di massima proiezione contro corrente. La maturità
tessiturale si sviluppa in 4 stadi a seconda della presenza di matrice,
del selezionamento e dell’arrotondamento. Forti apporti sedimentari
(aree tettonicamente attive) portano ad una minore maturità e
viceversa.
Conglomerati. Si trovano soprattutto in coste rocciose e conoidi alluvionali.
Le brecce invece hanno origini molto più varie. Aridità,
rilievo pronunciato e forte erosione facilitano la formazione di conglomerati.
La struttura può essere clasto – sostenuta (ortoconglomerati)
e matrice – sostenuta (paraconglomerati). Possono essere extraformazionali
e intraformazionali, oligomittici e polimittici (petromittici). Quelli
oligomittici, detti anche ortoquarzitici, sono cositituiti in genere
da materiali molto resistenti e quindi sono depositi assai maturi, non
formano masse ingenti e spesso sono presenti alla base delle successioni
sedimentarie (conglomerati basali) a marcare importanti lacune stratigrafiche.
I grandi accumuli sono di conglomerati polimittici. Paraconglomerati
si depositano in genere per flussi gravitativi subacquei. Conglomerati
e brecce intraformazionali derivano dalla frammentazione di un sedimento
e dalla successiva penecontemporanea rideposizione, nello stesso ambiente,
dei vari frammenti. È un evento brevissimo nel corso della deposizione.
La composizione è spesso data da pelite o fango carbonatici.
I clay chips sono clasti pelitici intraformazionali. Abbiamo ancora
le brecce di collasso, formate da collassi di strati rocciosi a causa
della rimozione di materiali altamente solubili ad essi associati. È
tipico delle successioni evaporitiche. Nei conglomerati clasto sostenuti
la cementazione avviene ad opera di calcite spatica. Nei paraconglomerati
avviene invece ricristallizzazione diagenetica della matrice. I conglomerati
calcarei possono avere contatti stilolitici.
Areniti. Intrabacinali si formano all’interno dello stesso bacino
(quelle carbonatiche prendono il nome di calcareniti); extrabacinali
o terrigene provengono dall’erosione di rocce preesistenti (quelle
silicoclastiche prendono il nome di arenarie). I componenti mineralogici
più comuni sono il quarzo, i feldspati e i frammenti di rocce
a grana fine. Abbiamo tre famiglie principali: quarzareniti (quarzo
> 95%), le arcosi in cui predominano i feldspati (da rocce profonde)
e le litareniti in cui prevalgono i frammenti di roccia (provenienza
sopracrostale). Più una arenaria è ricca di quarzo o selce
più è matura. I processi diagenetici controllano in modo
preminente la composizione delle arenarie di primo ciclo. Se abbiamo
più del 10 – 15% di matrice fine interstiziale si parla
di grovacche (feldspatiche, litiche e quarzo grovacche). Sono sinonimo
di immaturità tessiturale. La matrice può essere sindeposizionale
e postdeposizionale. Le areniti ibride sono miscele di vari componenti,
anche vulcanici. Causa importante della litificazione nella diagenesi
è il movimento di fluidi nel sedimento per gradienti di pressione.
Nelle areniti la litificazione avviene per cementazione perché
sono porose; nelle grovacche non vi sono spazi intergranulari e la litificazione
avviene per coesione, ricristallizzazione e neoformazione. Nelle areniti
il cemento può essere cristallograficamente compatibile (isochimico)
con i granuli e si innesta nel reticolo degli stessi (quarzo su quarzo,
calcite su calcite) oppure incompatibile cristallizzando nei vuoti e
formando un limite netto e cristallograficamente discordante.
Peliti. I granuli hanno dimensioni inferiori a 0,031 mm e su di essi
è sconsigliabile una analisi granulometria. La composizione mineralogica
può annoverare minerali derivanti da degradazione atmosferica
di rocce ignee (illite, monmorillonite, caolinite, clorite), argille
residuali, bentonite (alterazione in situ di ceneri vulcaniche) ecc.
Molto importante è il costipamento (compaction), che porta alla
perdita d’acqua del sedimento all’inizio nell’ordine
del 70 – 90%. Inizialmente è provocato dalla pressione
litostatica delle rocce sovrastanti, poi raggiunti i 100°C il principale
agente disidratante risulta essere il calore (la prima fase è
più breve, la seconda più lunga). Il colore deriva dall’ossidazione
di componenti ferrifere (red beds) (rosso, nero, giallo, verde) e dal
carbonio libero (black shales) (grigio, nero). La deposizione avviene
in acque calme e i depositi più importanti si trovano negli oceani.
La mineralogia delle peliti non ha alcuna relazione con l’ambiente
di deposzione, la loro presenza dipende esclusivamente dall’area
di provenienza (clima e rocce affioranti).
STRUTTURE
DEFORMATIVE
Sono deformazioni penecontemporanee (sedimenti ancora soffici). Tali
strutture serviranno come indicatori di processi e ambienti. Abbiamo
le strutture fisiche, legate a processi della stessa sedimentazione.
Di queste fanno parte le deformazioni verticali, statiche e da carico
tra cui troviamo: fessure e poligoni da contrazione (fanghi esposti
all'aria) che facilitano il distacco di scagliette di fango; strutture
da carico e convoluzioni (fango che si inietta su sabbia soprastante
("fiamme") le prime, le seconde coinvolgono un pacchetto di
lamine di sabbia molto fine e/o silt; strutture da iniezione e fluidificazione
(cancellazione di strutture preesistenti, formazione di strutture verticali
da fuga fluida, affondamenti del materiale soprastante, iniezione verso
l'alto del materiale fluidificato). Fanghi e argilla possono produrre
strutture diapiriche superficiali di piccole dimensioni; strutture da
impatto o carico localizzato (dropstone) (infossamenti della parte superiore
di uno strato). Abbiamo poi le deformazioni orizzontali o tangenziali
in cui distinguiamo strutture da trascinamento applicate da una corrente
esterna per attrito su sedimento già deposto o in via di deposizione
(uncinatura, convoluzioni e fiamme vergenti, grinze e arricciamenti
(deformazioni duttili) o lacerazioni e uncinature su fanghi coerenti
con produzione di clasti intraformazionali o ancora caoticizzazione);
strutture gravitative (pieghe smembrate e accumulate in matrice caotica).
Seguono le strutture chimiche (diagenetiche) tra cui troviamo (precoci)
la crescita di cristalli, noduli e concrezioni con possibile deformazione
del sedimento incassante; fessurazione per contrazione o dilatazione.
Più avanzate sono strutture tipo cristallizzazione orientata
e dissoluzione selettiva. Troviamo infine le strutture biogene (bioturbazioni),
con grande varietà di forme che riflette la varietà di
organismi. I sedimenti in questo modo vengono destabilizzati. Esiste
un indice di bioturbazione (funzione di ossigenazione, tasso di deposizione
e mobilità del fondo) che esprime l'entità della cancellazione
delle strutture deposizionali cancellate (fino al limite di uno strato
omogeneizzato). Le tracce fossili si possono distruggere ma non rimaneggiare.
vi sono vari tipi di classificazioni delle bioturbazioni.
Fine della prima parte...
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