Gran Paradiso:
mt 4.061 21-22/agosto/2000
Salita dal Rifugio Federico Chabod (F+)
Discesa per il Rifugio Vittorio Emanuele II° (F)
La salita dal rifugio Chabod è valutata F+ a causa della zona
crepacciata sul ghiacciaio del Laveciau che bisogna attraversare!!
DI PAOLO RAMAZZOTTI
21agosto,
dopo aver preso contatti con il club “Esprite de Montagne”
mi reco nella mattinata facendo autostop in val Savarenche al villaggio
di Pont.
Il tempo è brutto ma le previsioni confermano tempo buono per
il giorno successivo, sono le 4 del pomeriggio quando mi incammino sul
sentiero sotto una pioggia leggera ma fredda calzando i sandali per
non stancarmi inutilmente coi pesanti scarponi, incontro poche persone,
tutte in discesa, incomincia a piovere forte e ad un alpeggio solitario
trovo riparo per vestirmi.
Lasciato il bosco il sentiero continua a salire, il paesaggio però
si tramuta subito nella crudezza d’alta quota, rocce e ghiaccio
immersi nelle nuvole sopra di me, la pioggia continua a cadere ed il
Gran Paradiso sembra sempre più lontano.
Arrivo al rifugio Chabod che si nasconde a tratti nelle nebbie; davanti
all’ingresso 2-3 persone che mi salutano con un sorriso, la montagna
é anche questo.
Sono il primo del mio gruppo, vado in camera ad asciugarmi, poco dopo
entra un ragazzo sulla trentina, è Olandese; fuori il tempo è
sempre brutto, nuvole basse e pioggia, freddo umido e tante bestemmie;
mentre mi aggiro con le mani in tasca sotto la piccola tettoia guardando
la danza delle nuvole sulla nuda roccia conosco la nostra guida David
Pellissier, che è arrivata assieme ad un altro del gruppo, tornati
in camera ci raggiunge il quinto membro della cordata, ci siamo tutti.
Dopo un piattone di pasta ricomincio a ragionare, gli altri sono Franco,
uomo verace sui 40 anni, Baltimar sulla trentina e l’olandese;
quando andiamo a dormire piove ancora e si sentono dei tuoni in lontananza
sul versante Piemontese del Gran Paradiso.
Alle 4:30 la guida viene a svegliarci, il cielo è stellato, non
più una nuvola e il Gran Paradiso appare rinfrescato da una spolverata
di neve; facciamo un’abbondante colazione e ci prepariamo ad uscire,
sono le 5:15!!
L’aria è fredda e secca, sarà una giornata stupenda!
Incominciamo ad incamminarci sulle pietraie piegando a sinistra verso
la morena detritica del ghiacciaio del Laveciau, scure figure immobili
sulla roccia stanno a guardarci, sono camosci!
Ai
bordi del ghiacciaio del Laveciau. |
Sul punto
più alto della morena accanto al ghiacciaio ci fermiamo per indossare
l’ imbragatura, la guida ci assicura con una corda; un respiro
gelato proveniente da sotto le roccie ci investe, il ghiacciaio è
di un colore azzurro brillante, le prime luci dell’alba tingono
di rosso il monte Bianco e io urlo a gran voce <la Vallè>,
ridendo la guida mette il primo piede sul ghiaccio, il rampone stride,
stanotte ha fatto freddo e il ghiaccio geme sotto le punte dei nostri
ramponi.
Saliamo con un passo lento ma costante, dobbiamo superare qualche facile
crepaccio, le corde sono tese e con passo lungo metto la gamba dall’altra
parte della spaccatura, David mi dice di fermarmi e di guardare giù,
è un crepaccio profondo più di 40 metri, gli strati azzurri
e compatti si perdono nel nero sempre più scuro dell’abisso,
con un brivido lo supero e tengo tesa la corda per assicurare l’olandese
dietro di me, la salita continua e dopo aver superato altri 4-5 crepacci
il ghiacciaio si presenta più liscio e morbido; a quota 3.450
facciamo una breve sosta per bere un po’ d’acqua e mangiare
cioccolato.
E’ ben visibile ormai tutto il gruppo del Bianco, ricominciamo
a salire verso il crinale ghiacciato della Schiena d’Asino; ad
un tratto sento la corda pesante, mi giro e vedo Baltimar a terra trascinato
dalla cordata; la guida lo incita ed incomincia a urlare <c’est
la tete qui comande> ..<c’est la tete…>, si continua
e arriviamo sulla Schiena d’Asino, 3.840mt che separa il Laveciau
dal ghiacciaio del Gran Paradiso da dove vediamo salire altre 3 cordate
provenienti dal rifugio Vittorio Emanuele II.
Siamo in vista delle creste rocciose della cima, passiamo accanto a
Il Roc 3.905mt, l’aria è fredda e tira un vento non molto
forte ma gelato che ci sveglia, la guida inizia letteralmente a tirare
Baltimar; siamo arrivati sulla cima tradizionale 4.015mt, a Baltimar
gira la testa e liberato dalla corda gli diciamo di aspettare un pochino,
senza dire una parola si getta nella neve dietro ad una roccia.
Lasciate le piccozze nella neve iniziamo il breve e facile anche se
esposto tratto di roccia, un paio di chiodi ci assicurano par arrivare
alla madonnina piena di fazzoletti e rosari sulla cima, 4.061m.s.l.m.,
il panorama è bellissimo e il tempo perfetto, si vedono addirittura
a sud le linee d’acqua degli affluenti del Po, in Francia oltre
il Monviso le montagne del parco del Les Ecreins, tutta la valle d’Aosta
con il dentone del Cervino, i ghiacciai del Rosa ed il gruppo del Monte
Bianco, le montagne della Svizzera con il Grand Combain; vorremmo restare
più tempo sulla cima ma dobbiamo lasciare spazio alle altre cordate
in arrivo e riscendere dal nostro compagno di cordata.
Il
facile passaggio su roccia prima della cima. |
La
nord del Ciarforon vista dalla cima del Gran Paradiso. |
Un paio di foto ricordo, un bel respiro e riscendiamo
verso Baltimar, il nostro compagno lo troviamo nella stessa posizione
in qui lo avevamo lasciato, un colpo sulla spalla e dopo averlo riassicurato
alla corda iniziamo la discesa.
Raggiunta la Schiena d’Asino riscendiamo per un tratto del Laveciau
uscendo dal ghiacciaio sulla morena sud ovest, scenderemo per la via
che porta al rifugio V.E. II.
Raggiunto il rifugio Vittorio Emanuele II preso d’assalto da decine
di turisti mi accorgo che il paradiso è finito; la discesa sino
al villaggio di Pont si presenta molto faticosa per le mie gambe ormai
stanche; le cime ed i ghiacciai sono ormai lontani e le facce delle
persone di nuovo le stesse.
Il paradiso è stato raggiunto ma ce lo siamo lasciato alle spalle!
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