Speciali Montagna
PASSO DEI SALATI - RIFUGIO MANTOVA (1° giorno); RIFUGIO MANTOVA - CAPANNA MARGHERITA - PASSO DEI SALATI (2° giorno).
DIFFICOLTA': F+
DISLIVELLO: Primo giorno 559m; Secondo giorno 1055m in salita, 1614m in discesa


CAPANNA MARGHERITA AGOSTO 2000
L'appuntamento con le guide e gli altri partecipanti all'escursione è alla base dell'ovovia di Stafal, a 1825m. E' una giornata di metà agosto normale sotto tutti i punti di vista: non è caldo né freddo, e i tipici cumuletti estivi orlano le vette più alte. Si sale tutti a bordo delle comode cabine e, dopo aver fatto scalo al Gabiet, eccoci catapultati ai 2930m del Passo dei Salati. Da questo valico, e dal suo gemello e poco distante Col d'Olen, ci si affaccia sulla Valsesia e le sue verdi montagne. Il gruppo è bello numeroso, una ventina di persone, e dopo le presentazioni di rito si parte per andare al rifugio Mantova. Per prima cosa si sale per sfasciumi le pendici meridionali dello Stolemberg, con la possibilità di vedere qualche bel camoscio. Si procede per zone pianeggianti e in breve si arriva a mettere i piedi sulle rocce instabili dello Stolemberg. Il sentiero aggira la vetta sulla sinistra con qualche passaggio esposto su rocce viscide, con l'aiuto di qualche corda e di una scaletta. Proprio alla fine della scaletta si attraversa in leggera discesa una pietraia (possibili nevai) e si giunge al Colle Superiore delle Pisse, a 3112m. Dal colle si inizia a salire, dapprima ripidamente, poi più blandamente, sempre tra roccette e sfasciumi, tenendosi sulla larga cresta che separa le testate della Velsesia e della Valle del Lys. La vista sulla Valsesia è molto bella perchè la cresta precipita sul lato piemontese con una bella parete verticale. Certo, come è capitato a me, non è molto facile trovare una buona visibilità in questo punto, perchè la forte umidità che risale dalla Valsesia crea molto spesso i presupposti per la formazione delle nuvole che, data l'altezza, vanno ad avvolgere la cresta. Dopo un po' sulla destra cominciano a comparire nevai e placche di Ghiaccio (dipende dal mese e dall'andamento della stagione invernale). Le placche di ghiaccio non sono altro che i lembi più bassi del ghiacciaio di Indren, che dalla Punta Giordani (4046 m) e dalla Piramide Vincent (4215 m) scende con medie pendenze fino a qui. Si notano, proseguendo, vecchi skilift che erano gli impianti estivi di Punta Indren, che dato l'accentuato ritiro del ghiacciaio e le estati in cui non permane neve su di esso, sono dismessi (anno 2000). Alcuni piloni infatti non si trovano più sul ghiaccio, e sono inclinati o divelti. Sempre rimanendo sul filo di cresta si arriva infine a Punta Indren, 3260 m, su cui arriva la funivia (vecchia) da Alagna. Da qui si punta verso sinistra, e dopo un breve tratto di sfasciumi si posano i piedi sul ghiacciaio di Indren. Si attraversa tutto il ghiacciaio su una traccia molto evidente senza il bisogno di mettere i ramponi. In quest'area la pendenza è piuttosto blanda, ma guardando verso monte si può vedere la parte più ripida che risale verso la Punta Giordani, il più basso quattromila del Monte Rosa. Quando con il gruppone attraversiamo il ghiacciaio il tempo è peggiorato: una fitta nebbia che avvolge la zona, e la sua fusione col biancore del ghiacciaio rende tutto ancora più indistinto. L'alta temperatura cusa un forte scioglimento del ghiacciaio, con la conseguente presenza di rivoletti e laghetti che finiscono improvvisamente inghiottiti in buchi azzurrognoli. Nel frattempo le guide ci stanno studiando e stanno decidendo la disposizione delle cordate del giorno dopo. Si prosegue sul ghiacciaio puntando una evidente banda rocciosa. Giunti a questa c'è un delicato passaggetto in cui bisogna saltare dal bordo del ghiacciaio fino a una cengietta sulla roccia. Nel mio caso il passaggio è stato abbastanza tranquillo, ma le condizioni del ghiaccio cambiano costantemente e di anno in anno la situazione cambia. Si percorre la cengetta, che poi si allarga in una piccola conca coperta di grossi massi e sfasciume vario. Si sale poi abbastanza ripidi, con qualche svolta, fino a guadagnare la sommità della grossa dorsale rocciosa. Qui su uno spiazzo pianeggiante al limitare del ghiacciaio di Garstelet sorge il rifugio Mantova, a 3500m. Il rifugio Mantova è un bel rifuggetto in pietra di recente costruzione, preferibile al vicino rifugio Gnifetti. Infatti nonostante il rifugio Gnifetti si trovi più in alto (3611m) è però molto più affollato e caotico, oltre che molto più grande. Al mantova invece si sta tranquilli, e vi sono confortevoli camerette in legno. Una volta arrivati ci siamo sistemati nei posti assegnatici e poi ci siamo incontrati con le guide nel pianerottolo antistante il rifugio. Insieme alle guide abbiamo controllato tutto il materiale per il giorno dopo (ramponi, imbraco, corde ecc) e poi sono state formate le cordate, in tutto 4, con 4 componenti e una guida a cordata. Io sono capitato con Alessando Jaccod, una guida di mezza età molto esperta. Nel frattempo il tempo è migliorato permettendoci finalmente di vedere le cime che circondano il rifugio.
Dal rifugio Mantova la vista finalmente si apre sul gruppo del Lyskamm. Sono visibili il Naso del Lyskamm, 4272m, e il Lyskamm Orientale, 4527m. In primo piano la spettacolare seraccata del Ghiacciaio del Lys.

Sotto la calda e rilassante luce del tramonto le vette della testata della Valle del Lys appaiono in tutta la loro maestosità, Lyskamm e Piramide Vincent su tutte. Verso valle un mare di nuvole grigio scure si confondono con le brume che già avvolgono le parti più basse e incassate delle valli.
In primo piano in piccolo Ghiacciaio di Garstelet che arriva a lambire il ripiano su cui sorge il rifugio Mantova. Si nota la grossa sagoma rettangolare del Rifugio Gnifetti sopra una evidente dorsale rocciosa. La Piramide Vincent domina dai suoi 4215m.
Il ripiano su cui sorge il rifugio permette di godere appieno degli ultimi istanti della giornata. Poi ci aspetta una bella cena e un letto caldo. Siamo tutti ben presto a letto, ma, nonostante la stanchezza, prendere sonno è molto difficile. L'altezza infatti si fa un po' sentire, personalmente sotto forma di smania e di pulsazioni insistenti alle tempie. Passo un lasso di tempo interminabile tra il sonno e la veglia, poi, tutto a un tratto, il rifugio si anima. Dobbiamo alzarci tutti, e mentre scendiamo dai letti già c'è chi è pronto per uscire. Sono le 4 del mattino. Dopo una rapida colazione ci prepariamo per bene, mettiamo nello zaino tutto l'occorrente, lasciamo il superfluo, e usciamo fuori per formare le cordate. La mia parte per prima, e alle 5 siamo già in marcia sul Ghiacciaio di Grastelet, con le frontali accese. Fa abbastanza freddo, siamo sui -5°C, ma l'emozione e la bellezza del paesaggio ci rendono euforici. Non passa molto tempo infatti che le prime luci dell'alba fanno capolino da est, e verso valle come verso molte si comincia a scoprire uno spettacolo straordinario. Il tempo è fantastico, cielo terso e limpido senza una nuvola, visibilità eccezionale. Superato il piccolo Ghiacciaio di Garstelet in decisa salita, si supera il Rifugio Gnifetti dal quale stanno partendo numerose altre cordate. Poi si affronta, restando bene sulla pista perchè cominciano i primi grandi crepacci longitudinali, un pezzo con blanda pendenza. Da qui, ormai senza più bisogno della frontale, mi volto verso la Val d'Aosta ai nostri piedi, e lo spettacolo mi toglie il fiato (che peraltro mi devo tenere ben stretto): è il momento prima dell'alba, e il cielo assume un colore indescrivibile tra l'arancione e il viola che non dimenticherò mai. Inizia poi un pezzo di salita più ripido. Ci sono cordate che ci precedono e che ci seguono, e bisogna tenere un buon ritmo. C'è comunque il tempo per qualche scatto, che non si può non fare.
Il sole è appena sorto, la Val d'Aosta è ai nostri piedi. Le vette sono già illuminate da una luce calda, le valli sono ancora allo scuro. E' un momento fantastico di una giornata che si preannuncia memorabile.
Se quella che vedete qui sopra è l'immagine dell'alba verso la Val d'Aosta, lo spettacolo verso monte non è da meno. Il ghiacciaio ancora in ombra continua la sua salita verso il Colle del Lys, circondato dalle vette ghiacciate già al sole.
La vetta aguzza del Lyskamm Orientale, 4527m, colpita dai primi raggi del sole. Più in basso sulla sinistra si nota la tozza sagoma del Naso del Lyskamm, 4272m, che ora sembra molto più bassa rispetto alla vista che se ne aveva dal rifugio.
Alla nostra destra la mole della Piramide Vincent ci sovrasta ancora con seracchi impressionanti. Si continua a salire con pendenza costante, cercando di non entrare in affanno, e dopo un bel pezzo ecco emergere sulla destra le roccette su cui sorge la Capanna Giordano - Balmenhorn, a 4167m. La cosa più importante è che siamo quindi a oltre 4100m, e il Colle del Lys è Vicino. Il ghiacciaio ora è ricoperto da un discreto strato di neve, anche abbastanza morbida, che può rappresentare un problema per ventuali crepacci. La traccia comunque continua bel segnata, la pendenza si fa più blanda, e finalmente si giunge all'ampia insellatura del Colle del Lys, a 4248m. Qui la guida ci concede una breve sosta. Stiamo andando bene a detta di lui, e quindi possiamo rifocillarci un attimo. C'è un grande affollamento al valico, varie cordate si incrociano, in salita e in discesa. C'è chi va come noi alla Capanna Margherita, chi già scende, magari da altre vette. Chi viene dalla Svizzera, chi ci va. Chi va verso il Lyskamm, chi verso la Parrot ecc. Poi c'è un bel sole che scalda dopo i freddi della prima mattina, e c'è una vista fanyastica che ora si apre anche sul versante svizzero e le sue innumerevoli cime, molte delle quali vanno oltre i 4000m. Si vede anche la nostra meta, che ormai SEMBRA molto vicina. Comunque già arrivare qui è un'ottima cosa. Non è raro che la gente inizi a sentire la quota giò prima di arrivare al colle, con conseguenze non molto piacevoli. Al colle sorge anche una bella stazione meteorologica. Penate che raffiche e che minime che deve registrare, peccato che i dati non sono fruibili.
Le cordate arrivano, più o meno faticosamente, al Colle del Lys, 4248m. In primo piano la stazione meteo, sullo sfondo le montagne valdostane e il profilo della valle principale. Si nota bene al centro della foto il Gran Paradiso.
Poco prima di arrivare al Colle lo non posso esimermi dal fare una bella foto. Il Lyskamm Orientale, con la sua affilatissima cresta è in primo piano. Sullo sfondo, subito a destra del Lyskamm si nota l'inconfondibile guglia del Cervino, 4476m, e ancora più a destra il Dent Blanche, 4357m.
Dal Colle si riparte e si percorre in leggera discesa un pendio che, costeggiando i pendii ripidi della Parrot, conduce al fondo della conca che ospita la parte più alta del ghiacciaio del Grenz. Qui vi posso assicurare che lo spessore del ghiaccio è veramente ragguardevole. La pista qui si unisce a quella proveniente da Zermatt, che percorre tutto il ghiacciaio. Poi arriva il pezzo più duro: 250m di salita ripida fino al Colle Gnifetti, che dopo i metri già percorsi, e data la quota, iniziano a farsi sentire. Un po' di affanno comincia ad uscire, ma per fortuna arriviamo al Colle Gnifetti con un buon ritmo. Siamo ora a 4454m, a 100 dalla meta. il colle è un discreto spiazzo pianeggiante la cui parte orientale precipita, con l'himalaiana parete est del Monte Rosa, sul Ghiacciaio del Belvedere e su Macugnaga. Da qui si divide la traccia che conduce alla Zumstein e alla Dufour. Si prosegue invece verso l'evidente cimetta rocciosa su cui è adagiato il rifugio, con una diagonale che taglia un ripido pendio ghiacciato, effettuta una svolta e arriva in vetta. Ci siamo. Siamo alla Punta Gnifetti del Monte Rosa, 4559m. Non mi lancio in aggettivi di magnificenza sennò non fisico più questo resoconto. Comunque potete immaginare la gioia e l'orgoglio di essere arrivati lassù. Si domina tutto, tutte le Alpi. Il moderno rifugio ricoperto di piastre di rame e saldamente ancorato alla roccia splende al sole caldo. Una bandiera italiana sventola pigra sotto una brezza rinfrescante. Un sacco di gente arriva, riparte, si riposa, si sitema, si prepara per chissà cosa.
Ecco la Capanna Margherita, alla Punta Gnifetti, 4559m. Il moderno rifugio coperto di lastre di rame è aggrappato alla roccia della vetta. Io sto in posa sotto la porta dell'entrata invernale...
Fa proprio caldo! si sta bene con la felpa. Dentro il rifugio è tutto in legno e comunica calore e accoglienza. Prendo un tè caldo, mi riposo un po', parlo con la guida che si complimenta. Ci abbiamo messo 4 ore e mezza, un buon tempo. La quota dà qualche effetto, infatti mi gira un po' la testa, come se fossi ubriaco, ma a parte questo sto benissimo. Mi affaccio al balconcino di legno che da a strapiombo sul versante ovest, sul Ghiacciaio delle Vigne e la Valsesia. Verso destra emerge dai cumuli in sviluppo la famosa Cresta Signal, ghiacciata e affilata, che separa la Valsesia dalla Valle Anzasca. Verso la svizzera la vista sul corollario di cime all'orizzonte è indescrivibile, si vede tutto. Altre cordate salgono sulla pista piccole piccole in basso. Per un po' sto in estasi a bearmi di tutto, poi la guida mi interrompe: bisogna ripartire.
Dal balcone della Capanna Margherita si ha una vista a volo d'uccello sulla affilatissima e gghiacciata Cresta Signal, che separa la Valsesia a destra dalla Valle Anzasca a sinistra.
Vista finale prima di ripartire dalla Margherita: in primo piano le altre 3 vette del Monte Rosa: Zumstein, 4563m, coperta di neve e poche roccette, Dofour, 4633m, la più alta e rocciosa, Nordend, 4609m, l'ultima a punta. Sullo Sfondo le vette svozzere, tra cui si notano le vette gemelle dei Mischabel, il Taschhorn, 4490m e il Dom, 4545m.
E allora eccoci in discesa, io sto davanti a tutti. Si ripercorre lo stesso intinerario dell'andata: si scende nella conca del Ghiacciaio del Grenz, si risale (FATICA) al Colle del Lys, si scende verso il Rifugio Mantova. La neve si è spappata un sacco, le gambe vanno da sole. In un tempo che ora pare stranamente breve siamo di nuovo al rifugio. Un buon pranzo e un riposino e poi si deve continuare la discesa. Ora le gambe però si sentono. L'ultima fatica è il superamento dello Stolemberg, con la sua scaletta fissa a togliere le ultime forze. Poi è ovovia e macchina.