Introduzione
alla geodinamica
(GEO IV) I
basalti oceanici non sono tutti uguali. Inizialmente erano in uso i
termini di serie pacifica, atlantica e mediterranea, e questa classificazione
valeva per tutte le rocce magmatiche. Nella crosta continentale prevalgono
le rocce magmatiche molto ricche in silice, mentre nella crosta oceanica
prevalgono quelle più basiche.
Il discriminante fondamentale è costituito dal contenuto in sodio
e potassio, elementi con una certa tendenza alla fusione, che quindi
tendono ad entrare nella fase fusa di una roccia, impoverendo degli
stessi elementi la parte che resta solida.
In base quindi soprattutto al contenuto di potassio individuiamo le
seguenti due serie (una serie si individua facendo migliaia di analisi
e quindi riconoscendo un gruppo di rocce che si ordinano bene in base
alle loro caratteristiche):
· La serie subalcalina. Questa si divide a sua volta in tholeitica,
di cui fanno parte il basalto tholeitico (bth), l’islandite se
c’è un po’ più di silice (bisl) e le rioliti
se abbiamo silice ancora più abbondante. Queste rocce sono caratterizzate
da un contenuto in alluminio (Al2O3) elevato, ³ 15% e in alcali
(K) £ 0,2%; calcalcalina, di cui fanno parte i basalti propriamente
detti (b), le andesiti e le crioliti. Il rapporto calcio – alcali
è più equilibrato e le caratteristiche di queste rocce
sono Al2O3 al 13% e il potassio allo 0,8%.
· La serie alcalina. Questa è ulteriormente divisa in
alcalina propriamente detta, di cui fanno parte i basalti alcalini o
olivinici (balk o boliv), le trachiti, che sono piene di ortoclasio
(quindi aumenta il potassio) e le pantelleriti, che sono crioliti ricche
di potassio. Al2O3 è al 13,6%, il potassio all’1,7%; K
– alcalina, di cui fanno parte scioscioniti, latiti e lecititi,
ricche di leucite che è come l’ortoclasio, ma sottosaturo
in silice. È una serie alcalina in cui domina il potassio, ed
è tipica dei vulcani laziali. Il contenuto in potassio può
arrivare al 4%.
MORB è il basalto delle dorsali oceaniche, ovvero il basalto
tholeitico. L’Islanda dovrebbe essere tutta basaltica, invece
vi sono lave acide. Il basalto alcalino è tipico dei punti caldi,
punti in cui risalgono materiali a temperature molto alte, ma non fusi,
che quando arrivano in prossimità della litosfera la riscaldano,
e in parte possono fondere (magari per una caduta di pressione a causa
dell’inarcamento della crosta). Questo provoca un vulcanismo molto
prolungato nel tempo. Probabilmente dovute a questo sono le grandissime
eruzioni della storia geologica come quelle del Rio Paranà e
del Deccan. Se trovo delle ofioliti con un basalto ricco in alcali,
ho trovato la rimanenza di un punto caldo.
MANTELLO. Occupa l’80% in volume della Terra e il 68 – 70%
in massa. È composto in gran parte da rocce peridotitiche, quindi
ultrabasiche (45% di silice), con tantissimo magnesio. È quindi
il regno delle olivine (peridoto). Gli anfiboli hanno meno importanza
poiché stiamo andando in zone con sempre meno acqua. Non abbiamo
il controllo diretto della maggior parte del mantello, cioè non
ci arriva nulla direttamente da lì.
Le xenoliti sono blocchi di rocce estranee inseriti in altri tipi di
rocce.
Dalle dorsali fuoriesce
basalto tholeitico. Il materiale fuso proviene da una zona a bassa velocità
sita a bassa profondità. Il materiale fonde quindi a temperature
e pressioni minori e per questo contiene meno alcali rispetto al materiale
che fonde più in profondità a temperature e pressioni
più alte nel caso del punto caldo. Qui la fusione è più
lunga, forte e persistente, allora i basalti sono più ricchi
di alcali. Il punto caldo inoltre è un radiatore molto più
efficiente ma meno diffuso rispetto alla dorsale, che è meno
efficiente ma più diffusa. Nell’ambito di un punto caldo
come le Azzorre i basalti emessi portano in superficie anche delle xenoliti
di peridotite (p). Mettendo insieme il basalto alcalino e la peridotite
che escono dalle Azzorre, nel rapporto di 3:1, viene fuori la pyrolite,
un magma teorico, che dovrebbe darci un’idea della composizione
del mantello, almeno a bassa profondità.
Nella zona di Kimberley fuoriesce ad alte temperature della peridotite
ricca di magnesio la kimberlite che viene da zone ancora più
profonde, con eruzioni esplosive, portando con se molte xenoliti di
peridotite normale (in prevalenza forsterite) e delle eclogiti, che
hanno dentro la maggior parte dei diamanti (che sono a loro volta xenoliti
nell’eclogite) e del quarzo in forma di coesite. I diamanti risalgono
da almeno 100 – 200 km di profondità, la coesite da sopra
i 300 km e questo ci da un’idea della profondità da cui
deve provenire il magma. A Kimberley il vulcanismo è recente
(80 Ma), ma i diamanti sono lì dall’archeano. Il carbonio
che li compone viene dall’esterno (origine biologica) e deve poi
essere sceso almeno fino a 150 km di profondità. Se però
pensiamo che questo deve essere avvenuto 3,5 Ga allora siamo portati
ad affermare che a quell’epoca si avevano già meccanismi
tipo subduzione che portavano in basso la crosta.
Al di sotto dei grandi scudi precambriani non ci si avvicina mai al
solidus del mantello, e la stessa situazione la ritroviamo nelle zone
abissali oceaniche e continentali come piattaforme cratoniche e orogeni
antichi. Solo al di sotto delle dorsali oceaniche si tocca il solidus,
e a bassa profondità. Ed è per questo che in certi punti
ho le dorsali oceaniche. Se però ho un’immissione di fluidi
la temperatura del solidus si abbassa è ho la fusione. L’astenosfera
quindi si verifica o perché localmente ho delle temperature più
alte del normale che provocano una fusione (dorsale, punto caldo) oppure,
in condizioni normali, arrivano dei fluidi con la subduzione, la curva
del punto di fusione cambia e le rocce iniziano a fondere.
Da questo punto i poi non abbiamo più conoscenze dirette. A 400
km c’è una della due grandi discontinuità (l’altra
a 640 km) in cui il materiale o cambia o si trasforma (cosa molto più
plausibile). Qui entrano in gioco i campi di esistenza dei minerali.
Un minerale assume, a seconda della condizioni, la struttura di altri
minerali, simulandola.
FINE
TERZA PARTE...
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